Corini convinto sino all’ultimo di avere la squadra in pugno

Niente messaggi e tanti rimpianti per l’ex allenatore azzurro
09.02.2018 11:00 di  Roberto Krengli  Twitter:    vedi letture
Fonte: lastampa.it
Eugenio Corini
Eugenio Corini
© foto di LAPRESSE

Anche in tempi di social, Eugenio Corini se ne va senza lasciare l’ultimo messaggio. Del resto ha sempre fatto così. Non è tipo da interviste immediate dopo l’addio, ma basta sentirne il tono di voce per percepire tutta la sua amarezza. Ha detto quello che pensava al termine di Novara-Ascoli e sarebbe pronto a ripeterlo ogni giorno: che la squadra era con lui e che avrebbe avuto la forza di centrare la salvezza.  

È però consapevole che il ruolo dell’allenatore è delicato, sempre sotto giudizio e in discussione. I risultati pesano e le sei sconfitte interne hanno inciso sull’esonero. Corini è stato informato domenica mattina, ha incassato la sfiducia e lasciato Novarello con il suo staff. Era arrivato a giugno, ingaggiato dal ds Domenico Teti. Dopo l’esperienza in A con il Chievo e il Palermo, terminata con le dimissioni, Corini aveva accettato di ripartire da capo. Lo stuzzicava l’idea di lavorare cominciando dal ritiro e non più subentrando.  

Una timida illusione

Riportare entusiasmo al Piola e coltivare il «margine di sogno» concesso da un campionato equilibrato come la B erano i suoi due obiettivi principali. Le tre vittorie di fila a ottobre con Frosinone, Brescia e Palermo dopo un inizio stentato, più nei risultati che nel gioco, sembravano svelarne la concretezza e invece si sono rivelate un’illusione. Il Novara si è perso nel derby con la Pro e fino a Natale ha battuto solo il Venezia. Corini va dato (e si prende) il merito di aver valorizzato alcuni giovani: su tutti, Alessio Da Cruz e Francesco Di Mariano. Il primo, arrivato a costo zero come esterno d’attacco, è stato spostato al centro e rivenduto a suon di milioni a gennaio. Il secondo, che non vedeva il campo con Roberto Boscaglia, ha brillato nella prima parte di stagione. 

L’allenatore è stato aziendalista (è stato lui stesso ad ammetterlo, prima e dopo l’addio) anche durante il mercato, però non è riuscito a dare forma alla squadra, che troppo spesso è parsa priva di un’identità chiara. Di certo hanno pesato i tanti infortuni - uno dei rimpianti manifestati da Corini -, ma il paradosso è che gli azzurri hanno dato il meglio proprio in emergenza: come il 20 gennaio con il Carpi, giorno dell’ultima vittoria al Piola. Spesso sono mancati gli uomini chiave, da Casarini a Sansone, da Chiosa a Maniero. Ma quando gli azzurri hanno subito gol non sono riusciti a reagire. E così buona parte della città, che aveva accolto Corini con tante speranze, ha smesso di credere in lui. Come il club. 

Filippo Massara