L'editoriale di Vittorio Galigani del 24.07.14

Vittorio Galigani, esperto dirigente calcistico, già Direttore Sportivo oltre che Direttore Generale in numerosi club professionistici dalla Serie A alla ex Serie C
26.07.2014 18:30 di  Roberto Krengli  Twitter:    vedi letture
Fonte: tuttolegapro.com
Vittorio Galigani
Vittorio Galigani

Venti di guerra per l’ elezione del presidente in Figc. Lega Pro rifugio dei Primavera con la valorizzazione. Scompare l’ incentivo a curare i settori giovanili. Nel calcio del “fare” occorre un rottamatore? Certamente non un uomo partorito dalle alleanze.

La nuova stagione inizia tra i venti di guerra che si agitano in Federcalcio. Una campagna elettorale a suon di alleanze. Il partito dei conservatori con a capo Tavecchio e quello dei “rivoluzionari” che hanno eletto a loro rappresentante l’ ex milanista Albertini.
Sul tavolo una miriade di idee e di progetti. Tutti, a loro dire, hanno pronta la “medicina” per la soluzione dei problemi che hanno portato allo sfascio il calcio nazionale. Tutti però trascurano un fattore fondamentale. I risultati si ottengono con la coesione e con la condivisione dei programmi. Dalle nostre parti, invece, si convive con la spaccatura che persiste tra presidenti di Società appartenenti alla stessa Lega. I “potenti” vogliono far sedere su quello scranno in via Allegri solo chi tutelerà i loro interessi.
Alla faccia della ricostruzione.
E’ tutta e soltanto una questione di privilegio degli interessi economici di pochi. Una ricerca di accaparramento a scapito dei figli di un “dio” minore. Non interessa tutelare la base. Si parla da sempre, senza ottenere risultati, di un progetto giovani e di strutture sportive. Roberto Baggio, che di intuito ne ha avuto sempre da vendere (storica quella battuta sul “magna magna” con Weah) , ha compreso in pochi mesi dell’ aria pesante che si respirava in Federcalcio ed ha salutato tutti. Portandosi dietro anche il suo personalissimo progetto di rifondazione.
Non ho nulla contro Tavecchio, ma i risultati sulla gestione del settore dilettantistico, segnatamente della Serie D, sono sotto gli occhi di tutti. Una categoria fatta di radiazioni e fallimenti. Campionati che divengono zoppi già dopo poche giornate dall’ inizio della stagione agonistica. Frutto di un regolamento, di settore, obsoleto; che maschera l’ attività semi professionistica di quei tesserati. Una contrattualistica inadeguata e carente sotto tutti i punti vista. L’ assenza più totale della tutela economica. Con controlli alla gestione superficiali. La domanda sorge pertanto spontanea: quali vantaggi innovativi potrebbe trarre il calcio italiano dalla sua elezione a presidente della figc?
L’ intervento del presidente del Coni, Malagò, dovrebbe essere preponderante rispetto alla ricerca di alleanze di corridoio. Uno studio progettuale posto in essere da chi  sta a capo dello sport italiano. Poi, nel contesto generale, una più adeguata e proporzionale ripartizione dei proventi, prodotti dall’ azienda calcio, porterebbe vantaggi a tutto il movimento. Un progetto industriale a tutela dei giovani che meritano tutta l’ attenzione, necessaria ed indispensabile, per la loro  crescita professionale. Ricordando che il calcio offre tanti posti di lavoro, diversificati in svariate categorie e non solo per quella  dei calciatori.
Leggendo dei movimenti del mercato di Lega Pro ci si rende conto, giorno dopo giorno, della mutazione radicale che sta avvenendo in terza serie. La serie C, quella del compianto Cestani, veniva additata, a ragione, come la fucina dei talenti. Ragazzi che si facevano la gavetta in provincia per poi approdare in serie A e B.  Il salto di categoria di quei giovani rampolli, “allevati” nelle giovanili o scovati in campi di periferia, produceva sostanziosi vantaggi economici per le Società di appartenenza. Un esempio? Il passaggio di Carletto Ancelotti dal Parma alla Roma rimpinguò le casse della Società emiliana. Certo non era cosa di tutti i giorni, ma rappresentava l’ incentivo a mettere in campo il prodotto del vivaio. L’ invito a curare con la massima attenzione quel settore anche a  prezzo di mille sacrifici.
Oggi la situazione si è invertita. I tanti “Primavera” in esubero (in Serie A e B) complice anche quella linea di pensiero esterofila che sta impedendo la crescita sportiva di tanti ragazzi italiani, vengono girati a farsi le ossa in Lega Pro. Portano con loro la “zainetto”. La valorizzazione economica che copre il costo della retribuzione. Oggi, in moltissimi casi, non è tanto preponderante il fatto  che il ragazzo sia bravo quanto che la Società dalla quale proviene copra il costo del lavoro. Per tante Società sta diventando una prestazione professionale per conto terzi. Basta leggere le brevi di sport per rendersene conto.
Un evento, questo, che sta decretando la “morte” dei settori giovanili in Lega Pro. Dove molti presidenti li danno in gestione a terzi, per sgravarsi di un peso finanziario e dove, conseguentemente, giocano prevalentemente i “raccomandati”. Figli di papà certamente, quando, poi, non sono gli stessi figli o parenti delle persone che hanno preso in gestione quel settore.
Ecco il perché di quel discorso su Tavecchio. Sono tutte situazioni che si conoscono dalla notte dei tempi, ma nessuno ha la volontà, la capacità e soprattutto la voglia di intervenire.
Chi ne ha l’autorità queste cose certamente le sa. Certi rami secchi vanno tagliati, se vogliamo riappropriarci di quel calcio che non viviamo più. Poi non è l’età più o meno giovane di un presidente in Federcalcio che determina l’evolversi di determinate situazioni. Tanto meno lo può essere l’interesse privato di qualcuno che cerca, per scopi personali, di manovrare  a “Palazzo”.
Gli insuccessi del presente hanno portato a galla una giusta verità. Nel calcio del “fare” non c’ è più spazio per i politicanti. Che serva, anche qui, un rottamatore?

Come al solito, tempo al tempo.