Il punto sulla Serie C (di Nicolò Schira)

17.10.2019 11:00 di Roberto Krengli Twitter:    vedi letture
Fonte: tuttoc.com
Nicolò Schira
Nicolò Schira

I numeri parlano, c'è poco da dire o da discutere.

La cura Vincenzo Vivarini ha rivitalizzato il Bari, ribaltando totalmente l'umore del pubblico biancorosso. Da triste e tendente al malinconico delle prime giornate targate Giovanni Cornacchini si è passati ai sorrisi raggianti e carichi di ottimismo post 2-0 alla Ternana, che proprio al San Nicola ha perso la vetta del Girone C. Merito di un Bari brillante che ha conquistato 10 punti in 4 gare e il terzo successivo consecutivo. Con Vivarini al timone è tutta un'altra musica. Sia per quanto riguarda i risultati sia sul piano del gioco e dell'intensità. Il lavoro tattico e psicologico del trainer abruzzese sta sortendo i primi effetti e nonostante la bagarre ai piani alti del torneo centro-meridionale non cambiamo il pronostico fatto ad agosto: la fuoriserie resta quella allestita dalla famiglia De Laurentiis e dal dg Scala, che ora possono contare anche su un pilota all'altezza per primeggiare in questa categoria. L'uomo giusto al posto giusto per riaccendere l'entusiasmo della piazza barese, tanto che nella città di San Nicola "Viva Vivarini" è già diventato lo slogan più gettonato tra i tifosi biancorossi. 

Ci sono però anche due baresi che non se la passano troppo bene e hanno vissuto una domenica degna di un film horror. Alludiamo a Paolo Di Nunno e Gianluca Paparesta, contestati apertamente dopo l'ennesimo scivolone del Lecco. L'1-3 interno contro la matricola Pianese non è andato giù ai tifosi blucelesti e il clima nel post-partita era decisamente rovente. Paparesta ha provato a prendere le distanze dal ruolo di consigliere-consulente dichiarando ai media locali di andare a vedere il Lecco solo su invito del patron Di Nunno.

I due sono amici dai tempi in cui Paparesta era presidente del Bari in Serie B (con Di Nunno azionista di minoranza). Prendiamo atto anche se dopo due mesi di campionato appare strano constatare che Paparesta finora sia stato presente più volte al Rigamonti-Ceppi di Lecco che al Renzo Barbera di Palermo (club per il quale opera ufficialmente come direttore organizzativo). D'altronde non è un mistero che il responsabile dell’area tecnica Francesco Filucchi e il tecnico Gaetano D'Agostino siano stati caldeggiati proprio dall'ex arbitro internazionale ai lombardi. Con tanto di incontri milanesi a settembre. D'altronde dare consigli mica è un reato. Se non bastasse la rosa extralarge (33 calciatori tesserati) non aiuta a rasserenare il clima così come i tentativi di epurazione di diversi calciatori protagonisti della promozione dalla D e ora sgraditi in quanto considerati vicini all'ex allenatore Gaburro e non all'altezza dei professionisti.

Anche a livello dirigenziale non c'è ancora totale unità tra l'anima storica lecchese e i nuovi arrivati. Intanto i verdetti del campo stanno diventando pesanti e i vari protagonisti si rinfacciano colpe e responsabilità. Un vero e proprio scaricabarile. In tutto ciò è sfumato l'arrivo del diesse Domenico Fracchiolla, che dopo essere stato tra gli artefici degli arrivi di Pastore e Bastrini ha preferito - in assenza di chiarezza dei ruoli - fare un passo indietro e non accettare la proposta. Nelle ultime ore poi il giallo delle dimissioni del patron Di Nunno, smentite dai consiglieri comunali cittadini ad acuire ulteriormente lo stato di crisi. Un caos nel quale il meno colpevole è sicuramente mister Gaetano D'Agostino (difficile dare la svolta in 2-3 gare), che però come tutti gli allenatori dovrà far in fretta a trovare la ricetta giusta altrimenti sarà il primo a finire sul banco degli imputati. 

Se a Lecco regna la confusione, non se la passano di certo meglio ad Avellino. Quattro sconfitte nelle ultime cinque giornate sono costate la panchina a Giovanni Ignoffo. L'esonero ci sta, ma le modalità sono francamente inaccettabili e da terza categoria. Una totale mancanza di rispetto per chi lavora e in questo caso per un professionista come l'ex centrale difensivo. Da giorni tutti sapevano (addetti ai lavori e non) della volontà da parte della dirigenza biancoverde di cambiare allenatore. Una scelta legittima, ci mancherebbe, e suffragata dagli ultimi deludenti risultati. Su questo non ci piove. Già da domenica sera Eziolino Capuano era stato messo in preallarme. Un timoniere esperto e abituato a subentrare, anche nelle situazioni più disperate (Modena docet). L'ideale per una piazza complessa come Avellino. D'altronde già in estate era stato chiamato e scelto dai campani prima di un grottesco dietrofront su pressione degli ultras, che mal digerivano lo Special Ezio a causa di alcune esultanze sfrenate dopo un sentito e bollente Juve Stabia-Avellino. Inaccettabile però scaricare Ignoffo, sperando prima che si dimettesse per risparmiare gli stipendi da novembre a giugno e poi cacciarlo l'indomani mentre dirigeva l'allenamento. Una vera e propria caduta di stile da parte del presidente Mauriello, che ieri pomeriggio alle 17.30 incontrava Capuano all'hotel De la Ville, mentre Ignoffo (all'oscuro di tutto nonostante il tam tam mediatico su siti e social impazzante) dirigeva la seduta d'allenamento con la squadra. Sorprende anche che un dirigente scafato come Salvatore Di Somma sia scivolato su questa buccia di banana e a poco servono le frasi di circostanza delle ultime ore. Neanche il vulcanico mangia-allenatori Maurizio Zamparini si era spinto a tanto. Una figuraccia, francamente, evitabile.

Chi invece sogna ad occhi aperti sono i tifosi di Reggiana e Reggina. Le città di Reggio (Emilia e Calabria) sono le uniche imbattute in tutta le Lega Pro. Mica male. Due rinascite diverse ma altrettanto importanti dopo anni tribolati e caratterizzati in entrambi i casi dalla ripartenza dai Dilettanti post fallimento. Ora con Amadei e Gallo il futuro appare finalmente roseo e sono autorizzati i sogni di gloria. Tante le coincidenze, a partire dalla classifica: le due Reggio sono seconde e capitanate da due condottieri reduci da amari esoneri in Lombardia (Alvini all'AlbinoLeffe e Toscano alla FeralpiSalò). Un desiderio di rivalsa che anima le rispettive squadre. In campo poi due protagonisti assoluti. Per la Reggiana un goleador inatteso. Il mediano Ivan Varone, che nel 2015 retrocedeva in D con il San Marino. Sembra una barzelletta, visto che a centrocampo giocava con Stefano Sensi (oggi all'Inter) e Amadou Diawara (attualmente alla Roma) e il centravanti era Andrea La Mantia (al Lecce). Tutti arrivati in A. Varone per un anno e mezzo ha militato in B (con Ternana e Cosenza) senza però riuscire ad imporsi. Per questo è sceso di categoria e dopo il positivo semestre di Carrara sta trovando in Emilia l'habitat giusto per esplodere. Già 4 centri per il Puma, che ha ritrovato la confidenza con il gol. Quella che ai tempi del Chieti in D l'aveva portato a siglare addirittura 13 gol. Numeri da attaccante puro e che gli erano valsi la chiamata del Lugano. Sembra passata una vita, invece era l'estate 2016. A 27 anni Varone è comunque ancora in tempo per tornare in categorie più importanti, sognando magari di riaffrontare un giorno i vecchi amici e compagni di reparto sanmarinesi Sensi e Diawara. Quasi mille chilometri più a Sud vive la sua rinascita Simone Corazza. Attaccante di talento tormentato dagli infortuni nell'ultimo biennio. Con i legamenti che hanno fatto crack ben due volte, stoppandone l'ascesa sul più bello. In estate la chiamata di Mimmo Toscano, il tecnico con cui nel 2015 aveva vinto il campionato di Lega Pro a Novara segnando 13 gol. Insieme alla Reggina per risorgere. Scommessa vinta immediatamente, nonostante i colpi da copertina Reginaldo e Denis che sembravano poterlo panchinare. In campo pero' non contano i nomi e il vero top player amaranto è la punta di Latisana, partito col botto. Sette reti in nove presenze che stanno facendo sognare un'intera città. Niente male per chi ai tempi della Samp veniva paragonato, in prospettiva, a un certo Eder. Varone&Corazza gli emblemi della rinascita del duo Reggiana-Reggina. Tutti e due all'insegna del motto "Scusate il ritardo".  

Nicolò Schira

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